Il nuovo articolo 117 della Riforma Costituzionale Renzi-Boschi.

Da quando esiste la campagna elettorale pro o contro il Referendum Costituzionale del 4 Dicembre, esiste anche il diritto valido e sancito dall’art. 21 della Costituzione della Repubblica Italiana di dire la propria liberamente e senza censura.

Questa libertà, tuttavia, ci porta a dire e condividere cose che non stanno né in cielo né in terra, con lo scopo di coinvolgere quante più persone possibili e portarle dalla nostra parte.

Quello che sta succedendo con la campagna referendaria è sotto gli occhi di tutti. Da un lato i sostenitori del No incitano il popolo a non accettare una riforma che stravolge 47 articoli della Costituzione. Dall’altro i sostenitori del Sì chiedono a gran voce di accettare quelle modifiche per avere maggiore governabilità. Il mio punto di vista è stato già palesato da un articolo che ho scritto dove condividevo con tutti il mio ragionamento e non voglio tornarci più. Quello che voglio fare adesso è, invece, cercare di analizzare un articolo che, a detta di molti sostenitori del No, consegnerebbe la nazione nelle mani dell’Unione Europea, portandoci a sacrificare la nostra sovranità a favore di Bruxelles.

L’articolo 117 della Costituzione attuale recita:

“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.”

Quello nuovo invece:

“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali.”

Cosa cambia?

Si passa da “ordinamento comunitario” a “ordinamento dell’Unione europea”.

Quindi è vero che se vince il Sì, l’Italia sarà obbligata a sottostare ai vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea? Sì.

Cosa succede se vince il No? La stessa, identica, cosa.

Perché questa modifica, dunque?

L’Unione europea attuale è il frutto di anni e anni di evoluzione. Nasce come Comunità europea del carbone e dell’acciaio nel 1950 e si evolve man mano in:

Proprio in quest’anno (1992), tutti i trattati esistenti fino a quel momento, vengono unificati e messi sotto un’unica voce, creando, di fatto, l’Europa che conosciamo oggi.

Perché la revisione?

Semplicemente perché prima esisteva la CEE (Comunità Economica Europea) e oggi esiste l’UE (Unione europea).

Se andiamo avanti nel confronto tra il prima e il dopo, notiamo che nei vari comma del testo proposto dalla riforma non si parla più di UE. Quello che viene descritto è, nel dettaglio, quali sono gli ambiti legislativi sui quali si può intervenire sul territorio nazionale. Punto. Non è vero che si aggiunge la supremazia dell’UE sull’ordinamento italiano. Aggiungo anche una cosa fondamentale: l’UE prevede, nel suo ordinamento, il principio di Sussidiarietà che sancisce l’intervento della Comunità Europea (trattato di Maastricht del 1992) solo ed esclusivamente per temi e ambiti comunitari. Per capirci, l’UE non ha nessun diritto di dire ai Paesi membri come gestire la sanità e le politiche del lavoro, ma ha diritto di dire a questi come tutelare il commercio comunitario. Se l’Italia decidesse di reintrodurre i dazi doganali, per esempio, andrebbe contro l’ordinamento comunitario e i suoi pilastri, che sanciscono proprio la libera circolazione di merci, di persone e di capitali. In quel caso è giusto intervenire per il principio di sussidiarietà per tutelare l’ordinamento comunitario.

La riforma non modifica la Costituzione a favore dell’UE.